Il diritto di famiglia ai tempi del Coronavirus
Edoardo Uslenghi
mergenza coronavirus ha avuto un impatto notevole in tutti i settori della nostra vita. Anche il mondo della giustizia ha dovuto fare i conti con questa emergenza. In primo luogo è stata disposta la sospensione delle attività giudiziarie ordinarie, ai sensi dall’art. 83 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18. Ciò ha comportato la sospensione di molti termini processuali e l’impossibilità celebrare gran parte delle udienze. Ogni materia e ogni ambito del diritto, quindi, si è dovuto confrontare, in un primo momento, con questa “sospensione” per tutto il periodo dal 9 marzo 2020 all’11 maggio e, in un secondo momento, anche con la difficile fase della ripartenza. I Tribunali viaggiano a regimi ridotti, con personale a rotazione, accessi ai tribunali contingentati e tempi allungati.
Anche per la materia del diritto di famiglia le considerazioni sono analoghe. Se non si può parlare di una vera e propria sospensione, le procedure per le separazioni e per i divorzi devono tenere in considerazione le attuali difficoltà. In tale ottica molti tribunali hanno cercato, attraverso protocolli condivisi con gli ordini degli avvocati, di prevedere due possibili binari.
Un primo percorso è quello delle procedure consensuali, laddove le parti, in sostanza, abbiano già trovato un accordo tra di loro. In questi casi, solitamente, il Tribunale dà la possibilità di depositare il ricorso congiunto, unitamente ad una dichiarazione di rinuncia all’udienza presidenziale. L’udienza sarà così solo una data fissata, ma le parti non presenzieranno. Se non vi saranno rilievi da parte del Giudice in merito al ricorso congiunto, verranno emessi i provvedimenti di rito e la procedura potrà concludersi. Nonostante le riserve che potrebbe suscitare l’idea di una udienza che non viene neppure celebrata, non si può non rilevare che questa potrebbe essere una soluzione abbastanza adeguata. L’udienza presidenziale, infatti, dovrebbe avere lo scopo di consentire al giudice di tentare la conciliazione, ma ciò si risolve, per la maggior parte dei casi, in una mera formalità. Inoltre così verrebbe evitato un atto di presenza alle parti che, lungi dall’avere una qualche forma di utilità, solitamente, rappresenta solo un incombente dal notevole carico emotivo e ben poco di giuridico. Il vaglio del giudice circa la legittimità del contenuto del ricorso, invece, viene conservato.
Un secondo percorso, invece, riguarda i ricorsi per procedure non consensuali. In tali ipotesi verrà fissata l’udienza presidenziale con possibilità per il giudice di optare per una modalità di celebrazione con la presenza delle parti o per la cosiddetta forma scritta. Queste ipotesi pongono non pochi problemi, innanzitutto circa i criteri di scelta tra le due diverse strade. In secondo luogo poiché, nel caso di udienza con la presenza delle parti, si dovrà scegliere ulteriormente tra la presenza in aula o l’udienza da remoto. In tale ultima ipotesi, al fine di garantire la privacy degli assistiti e la migliore assistenza, le parti non potranno collegarsi da casa, ma dovranno essere nello studio del loro difensore.
In tutto questo, nella scelta tra una udienza con guanti e mascherine e una udienza da remoto, sorgono, inevitabilmente, dubbi sulla reale efficacia di tali udienze. Sarà possibile per le parti e per i loro difensori spiegare in maniera chiara ed incisiva le reciproche ragioni? Sarà ancora possibile andare oltre il mero dato scritto, il mero calcolo matematico, per comprende davvero le situazioni di entrambe la parti. Questi dubbi sono quanti mai pertinenti soprattutto per l’udienza presidenziale che, già di per sé, rappresenta una udienza a cognizione limitata, parziale, cui infatti segue la fase istruttoria vera e propria. I provvedimenti presi a seguito dell’udienza presidenziale, però, sono fondamentali, anche solo per il fatto che regoleranno le vite di tutto il nucleo familiare per diverso tempo, per tutta la durata del processo sino al raggiungimento di pronunciamento alla fine del primo grado.
Inutile nascondersi che vi è il rischio che, con questa smaterializzazione delle parti, qualcosa si perda per strada e trattandosi di questioni che hanno una grande incidenza nella vita delle persone e dei minori, le preoccupazioni non sembrano davvero infondate. Tutto questo, ovviamente, a prescindere dall’impegno e dall’attenzione che giudici e avvocati potranno mettere ciascuno nel proprio ruolo.
Tra molte incertezze, possiamo però trarre da tutto questo almeno un dato che appare più che mai sicuro. Se già prima di questa evoluzione emergenziale, infatti, era da auspicare il raggiungimento di un accordo tra le parti, oggi lo diviene ancora di più.
Molte sono le argomentazioni che premiano la transazione:
- Le procedure frutto di un accordo saranno più veloci e semplici;
- I costi saranno certamente inferiori a quelli ipotizzabili per un contenzioso;
- Le possibilità di vedere trionfare in giudizio quella questione di principio che ci aveva convinti ad andare in causa contro l’ex partner sono sempre più basse ed il giudizio spesso si conclude lasciando l’amaro in bocca ad entrambe le parti;
- Il costo psicologico di un procedimento giudiziale è decisamente maggiore rispetto ad una soluzione transattiva che, probabilmente, non sarà pienamente soddisfacente, ma consente di superare il problema, almeno in parte;
- Per quanto riguarda poi gli eventuali figli minori non vi è alcun dubbio che l’ipotesi di una soluzione transattiva sia per loro certamente meglio. I minori sono i primi a manifestare grande sofferenza nel vedere i genitori in conflitto tra di loro e le conseguenze dannose si manifestano anche nel lungo periodo. Una conclusione rapida e meno sofferta della vicenda giuridica alleggerisce sicuramente la percezione che i minori avranno del conflitto tra i genitori.