Il Mediterraneo che zoppica

Gianluca Celestino Cadeddu

Ho sempre considerato la zona mediterranea suddivisa in due valve che unite a cerniera potrebbero formare una conchiglia di ricchezza di cui usufruirebbero sia i Paesi europei che quelli maghrebini. L’accumulazione di ricchezza e il benessere che potrebbero scaturire da una simile unione non accollerebbero delle responsabilità gravose ai Paesi delle due sponde. Essere nato per caso sulla Perla del Mediterraneo (la Sardegna) non potrebbe che rendermi orgoglioso di provenire da questa porzione planetaria che a volte somiglia a un affresco di cultura e di natura. Invece, tutti gli stati del Mediterraneo zoppicano e languono in una situazione economica e culturale veramente deprimente. Ecco perché quando vado in Sudamerica o in Estremo Oriente mi sembra di allunare e vivo in situazioni e contesti molto più sereni e solidali rispetto a quelli mediterranei.

Un pochino comincio a vergognarmi di far parte della conchiglia mediterranea, le cui valve, di questo passo, non si uniranno mai. I rappresentanti della politica, dei media e dell’imprenditoria dei Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum spesso si riuniscono per stabilire il futuro di questo paradiso che si è introdotto tra le fiamme dell’inferno. Li osservo, li ascolto, ragiono filosoficamente sulle loro ambigue affermazioni e mi rendo conto che gli indios di qualche secolo fa, sdraiati sulle loro amache, erano in grado di prendere delle decisioni più sagge. Attualmente coloro che dovrebbero decidere le sorti del Mediterraneo non riescono mai a prendere delle decisioni veramente cristalline e costruttive. Da qualsiasi parte vogliamo guardare, infatti, l’immagine che offre il Mediterraneo non è affatto rassicurante, né è possibile considerarlo veramente come un insieme coerente senza tener conto delle fratture che lo dividono e dei conflitti che lo lacerano: la Palestina, il Libano, Cipro, il Maghreb, la Libia, l’Egitto. Tricologicamente parlando, il Mediterraneo è uno storico capellone che sta soffrendo e si deprime perché colpito da un’improvvisa alopecia. E anche se c’è la soluzione lui si rifiuta di mettere parrucche. Se da tempo si sostiene la volontà di dialogo e di collaborazione tra le diverse sponde, è pur vero che il Mediterraneo somiglia più a un mare di guai che a un mare di pace. La culla della nostra civiltà è in realtà un luogo di contraddizioni religiose, territoriali e sociali, il ridotto di conflitti multipli per lungo insoluti.

Manca la reale volontà della parti di confluire all’unisono nello “stato” Mediterraneo, unione che acquieterebbe ogni contrasto. Anche in Sardegna ho assistito ad alcune conferenze turistiche in cui villosi e untuosi uomini politici sembravano interessati a tracannare della vernaccia e del mirto piuttosto che a stabilire il futuro del Mediterraneo. Eppure da millenni bisogna riconoscere che esiste una volontà mediterranea perché questo mare interno ha unito, ed è ancora capace di unire, popoli tanto diversi e ha saputo in ogni epoca riaffermare la sua creatività, la sua bellezza, la sua forza. Bisogna individuare una nuova strada di dialogo e comunicazione non tanto nel suo passato quanto nel suo essere oggi per milioni di persone il principale bacino di attrazione turistica del pianeta. Non solo perché il Mediterraneo è il tabernacolo di una benefica trinità, “cultura, mare, sole”, da cui si originano tradizioni e stili di vita davvero inimitabili, ma perché emana ancora un magnetismo esotico e arcano che l’industria del viaggio deve imparare veramente a sfruttare e deve far abbracciare di fatto a tutti i Paesi che vi si affacciano.

I viaggi sono un’industria volubile e dolce se gestita con vera professionalità ma finora sono terreno adusto dove le già scarse professionalità turistiche vengono ulteriormente inaridite. Ancora oggi i tentativi di fare vero turismo nel Mediterraneo somigliano a delle zip difettose che fanno zoppicare l’intero bacino in un’assurda xenofobia tra dirimpettai. I viaggi, il turismo, e tutto l’indotto che portano, devono far circolare le idee, devono salvaguardare i valori di tutti quei territori che cercano comunque le differenze, devono esaltare le tradizioni, devono alimentarsi di cultura e devono presupporre la pace e la sicurezza. Ormai io sono considerato Il Viaggiatore Scrivente. Nel mondo dei viaggi e in quello letterario sono dunque un primo attore che può consigliare un semplicissimo progetto.

I golfi, le isole, gli eventi, le arti, le bellezze naturali e culturali, gli antichi legami, devono far parte di una nuova e condivisa dimensione di questo mare: una dimensione fatta di accoglienza e di ospitalità e non di subdola e fittizia cordialità. Un aerosol che libera ogni via respiratoria e fa arrivare aria fresca e rigenerante a tutti i polmoni mediterranei.

Tratto da “IL PROFUMO DELLA CONOSCENZA” di Gianluca Celestino Cadeddu (Giornalismo Poetico Viandante, 2017) Prospettivaeditrice  pp. 135-137