La responsabilità del ristoratore per la sicurezza dei propri clienti

Edoardo Uslenghi

Il 28 maggio scorso è stata depositata una pronuncia della Corte di Cassazione sez. VI Civile, ordinanza n. 9997/20, che ci presenta degli interessanti spunti di riflessione, soprattutto in un periodo come quello presente, caratterizzato dalla difficile gestione della ripresa dell’attività e dalla necessità di controllare il rischio di contagio da coronavirus. La vicenda scaturisce da un infortunio piuttosto banale, ma investe questioni di grande importanza.

E’ bene precisare che il caso di specie affrontato dalla Suprema Corte non riguarda il coronavirus, ma affronta il tema delle possibili lesioni che un avventore di un ristorante possa subire nel corso della sua permanenza all’interno del locale.

La questione giuridica affrontata e risolta dal Collegio è quella inerente la natura della responsabilità del titolare: nel caso di lesione subita da un cliente all’interno di un ristorante/pizzeria il titolare risponde a titolo di responsabilità contrattuale (art. 1218 cc.) o extra-contrattuale (art. 2043)? La soluzione del quesito è tutt’altro che una questione di mero diritto poiché, com’è noto, dalle due diverse discipline derivano due diverse strade per l’accertamento della responsabilità. Per fare una estrema semplificazione, qualora si rientri nella responsabilità contrattuale, il soggetto danneggiato potrà limitarsi a provare il danno e che il fatto sia avvenuto/scaturito all’interno del locale, in conseguenza del servizio di ristorazione ricevuto. Sarà il titolare a dover dimostrare che il locale è in tutto e per tutto a norma, che sono state rispettate tutte le normative vigenti e che si è agito con prudenza, perizia e diligenza. Viceversa nel caso in cui la vicenda si possa inquadrare nell’alveo della responsabilità extra-contrattuale, l’onere della prova ricadrà tutto in capo al soggetto danneggiato che dovrà dimostrare tutti gli aspetti della vicenda, quali il fatto illecito, il danno nonché il nesso tra i due.

Nel caso affrontato dalla Suprema Corte una bambina aveva subito una ustione in conseguenza di una pizza caduta ad un cameriere, proprio sul braccio della minore. L’evento in sé era risultato frutto di un caso fortuito, poiché il cameriere era stato urtato da un altro cliente. La Corte ha ricostruito la catena degli eventi individuando la causa dell’infortunio alla bambina, partendo dalla presenza nel locale di una tavolata di ragazzi, molto numerosi e molto agitati. Uno di questi ragazzi avrebbe colpito accidentalmente il cameriere facendo cadere così la pizza bollente sul braccio della bambina seduta con la famiglia in un tavolo adiacente.

Secondo la Corte, il rapporto che si instaura tra il locale ed i clienti è, ovviamente, di tipo contrattuale e di tale genere sarà, quindi, anche la responsabilità del titolare. Quest’ultimo non ha solo l’obbligo di fornire gli alimenti richiesti dal cliente e la sua responsabilità non si esaurisce in tale condotta. Egli, infatti, ha altresì l’obbligo di garantire la sicurezza di tutti i propri clienti. In tal senso, quindi, il Supremo Collegio ha rinvenuto un contratto complesso, tra cliente ed avventore, contratto che comprende anche il garantire la sicurezza. Il titolare sarebbe quindi venuto meno ai propri obblighi contrattuali non avendo scelto di collocare quella tavolata, numerosa e movimentata, in un punto del locale dove non vi fossero altri tavoli vicini, al fine di evitare spiacevoli incidenti. Da tale ragionamento deriva la responsabilità del titolare in relazioni ai danni subiti dalla bambina in conseguenza della ustione riportata.

Tale sentenza, inevitabilmente, pone degli interrogativi importanti in una fase come questa, caratterizzata dalla necessità di riaprire i ristoranti e garantire la sicurezza.

La sentenza sopra riportata potrebbe aprire la porta ad una ipotesi responsabilità del ristoratore nel caso di clienti che risultino in seguito positivi al coronavirus. E’ bene però evidenziare alcune profonde differenze tra questa ultima ipotesi ed il caso esaminato dalla Corte di Cassazione. Nella fattispecie sopra esaminata il nesso di causa tra la condotta omissiva del titolare (non aver isolato la tavolata numerosa, per esempio) e la lesione della minore appare molto più evidente e facile da rinvenire. Nel caso di un contagio da coronavirus, stante anche la lunga incubazione che tale malattia può avere, il cliente potrebbe aver contratto il virus in qualunque altro contesto, nel corso dei 7/15 giorni precedenti all’insorgenza della malattia e in moltissimi luoghi diversi: stabilire un nesso diviene così veramente molto difficile. Diverso il caso in cui nel ristorante dovesse accertarsi la presenza di più di un contagio ed il mancato rispetto delle raccomandazioni nazionali e regionali sulle distanze da rispettare e sulle precauzioni igienico sanitarie da adottare.

L’INAIL ha recentemente “rassicurato” i datori di lavoro, con una nota del 15 maggio 2020, in tema di responsabilità civile e penale per le eventuali infezioni da Covid-19 dei dipendenti per motivi professionali, precisando che le eventuali responsabilità possano derivare solo in caso di dolo o colpa riconducibile al datore di lavoro e che, pertanto, dal riconoscimento dell’infortunio non possono derivare, automaticamente, profili di responsabilità civili o penali.

Tale principio sebbene inerente il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore potrebbe ritenersi applicabile anche al rapporto tra il titolare del locale e il cliente, rendendo molto complesso ricondurre un caso di contagio alla responsabilità del primo nei confronti del secondo. Alla luce di queste considerazioni appare quanto ami importante e necessario per chi detiene la responsabilità di un locale aperto al pubblico adottare tutte le misure necessarie ed utili ad evitare ogni possibile rischio, attenendosi scrupolosamente alle linee guida e raccomandazioni, nazionali e regionali.